La rinuncia

La rinuncia

 

 

Ricordo la montagna, che ho scalato da bambino

per vedere al di là dell’orizzonte

e spingere i miei limiti più indietro

rendendo la gioia, più vicina.

Giunto sulla vetta, da ragazzo

ho scoperto che quel monte

che dal basso mi sembrava senza fine

era solo una persona

il passaggio attraversato per la vita

e anche lei, aveva il mio orizzonte

anche a lei, serviva una salita.

 

Ho visto poi, una montagna vera

che aveva una croce, sulla cima:

m’hanno detto che la croce

era un aquilone, da pulcino

e una volta messe le sue penne

sarebbe volata verso Dio

così, ho iniziato a arrampicarmi

per potermi inchiodare pure io.

Ho tentato… ho tentato tante volte d’arrivarci

ma percorsi pochi metri, sono sempre scivolato

tornando, malconcio e più dubbioso

al punto dal quale ero partito.

 

A un tratto, m’è apparsa una montagna

che prima era avvolta dalle nubi

coperta di prati e di foreste, a primavera

e come ipnotizzato, da tutto il suo splendore

ho iniziato di nuovo ad arrancare

stavolta alla conquista dell’amore.

Sapevo che anche lì

il tempo cacciava le stagioni

e non volevo crederci lo stesso

ma prima di raggiungere la cima

l’autunno ha addormentato la passione

e per sentire ancora, un poco di tepore

sono sceso di corsa, pieno di paura

sperando che l’inverno, l’assassino

non giungesse sino alla pianura.

 

Un monte, un altro ancora

volevo diventasse quello mio

avere una donna per amico

ma era come arrampicarsi su un miraggio

ti franava sotto i piedi

non appena ne sfioravi le pendici:

la terra è inconsistente

se non ha radici!

 

Ora sono stanco, di vivere soltanto per salire

tornando ogni volta alla partenza

perciò, rimango in questa valle

e penso finalmente ad esplorarla

cercando di godere del cammino:

quaggiù ci sono prati, cosparsi d’immondizia

con cui dovrò sporcarmi

ma non m’importa niente

è qui, non sulle cime

che posso incontrare della gente;

è qui, che ci sono quelle donne

per cui ho tentato la salita;

è qui, che ci sono delle croci

che invece di pulcini d’aquilone

ai quali inchiodarsi per volare

sono pesi, imposti sulle spalle

e se oltre a quelli miei, ne sosterrò degli altri

per lo meno servirò a qualcuno

scegliendo d’abitare nella valle.

 

La Fede, l’Amore, l’Amicizia

ai miei occhi resteranno, montagne dalle vette sconosciute

lì per indicarmi, come enormi frecce

un cielo senza fine

dal quale non si vede l’orizzonte:

almeno riuscirò a sognare

che in questo cielo, sia nascosto un cuore

amante non solo delle alture

ma anche di chiunque, rimane sempre in basso

perché ha scelto d’amare le pianure.

 

Riuscirò a sognare questo cielo

mentre si cala sulla terra

per portarti via con lui, prima della fine:

portarti là

dove una ragazza

con la quale generare nuova vita

ti viene data in sorte

invece di uno spettro con la falce

con il quale generare la tua morte;

portarti là

dove anche da vecchio

puoi correre incontro alla tua mamma

e stretto in braccio a lei, divenuta una montagna

come t’appariva da bambino

piangere di gioia, vedendo tutt’intorno

al posto del solito orizzonte…

dispiegarsi solenne l’infinito.

Informazioni su feliceconti

Sono un essere umano (credo che questa, per quanto scontata, sia la cosa che più d'ogni altra, meriti menzione), ed anche se laureato in biologia, sono appassionato di poesia da sempre (ho cominciato a comporre fin da bambino). Ho partecipato a vari concorsi, ed a titolo d'esempio posso citare: Fonopoli parole in movimento, Il Club degli autori, Anguillara Sabazia città d'arte, Il giro d'Italia delle poesie in cornice (XII posto nell'edizione 2003). Oltre a pubblicare me stesso, nella vita di tutti i giorni, ho ottenuto la pubblicazione di mie opere, nelle antologie dei concorsi ai quali ho partecipato, ed in altre raccolte, quali l'Antologia del ricordo, curata dall'Associazione Culturale Pragmata. Ben lungi dal volermi dare delle arie (d'altronde, i piazzamenti nei concorsi, e penserà qualcuno, la "semplicità" delle poesie, non mi spingono a farlo), ho scritto queste "stanche" righe, solo per aiutarvi a prendermi un po' sul serio. Non compongo sempre per un impulso irrefrenabile, a volte piuttosto mi comporto da pittore, col foglio per tela, e la penna per pennello, e ritraggo un paesaggio, ma del mio mondo interiore; mi capita anche, lo confesso, d'aggiungervi qualcosa: l'anelito della cima di un monte, l'allegria di un ruscello, la calma di un albero, ed il bello è che spesso, dopo qualche tempo, finisco col trovarli davvero, nella mia anima. Scrivo della parte migliore di me, costruendo spero, per chi ha la pazienza di leggermi, non un muro d'incomprensione, ma una galleria, nella quale addentrarsi mano a mano, osservando gli squarci da cui filtra il sole, e quel barlume di speranza, laggiù in fondo, quindi se volete, leggete le poesie prima di getto, come a pescare con una rete a maglie larghe, e poi via via con più attenzione, passando a reti dalle maglie più sottili. 'Salite e discese', è il titolo che ho dato a questo spazio, e credo si spieghi un po' da solo: si riferisce alla vita d'ogni uomo, quando crede di salire, ed invece perde quota, o quando accade il suo contrario, alla vita d'ogni uomo, quando cammina a marcia indietro, guardando la discesa, perché sente che così fatica meno, o guardando la salita, perché crede d'essere in ascesa; si riferisce al fatto, che tutti cerchiamo una maniera, di salire scendendo, tutti cerchiamo qualcosa, che della parabola della nostra vita, sappia mutare in positivo... il segno! Un avvertimento sul modo di leggere le mie poesie: al termine di un verso, fate una pausa, anche se non c'è punteggiatura. Bene, per vostra fortuna ho finito la mia introduzione, quindi, grazie per la pazienza d'essere arrivati fino in fondo, anzi... grazie d'esistere!
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